C'è stato un tempo in cui l'Italia era uno tra i paesi più vivaci, creativi e innovativi d’Europa. Un serbatoio di talento con un’industria e un’economia forti e imprenditori visionari che muovevano molti, molti soldi.

È stato in questo contesto di “miracolo economico”, negli anni 60, che Calisto Tanzi ha fatto crescere l'azienda lattiero-casearia di famiglia, la Parmalat, trasformandola poco a poco in una potente multinazionale. Ma l’imprenditore di Collecchio non si limitò al latte; la sua ambizione lo portò ad acquistare, a partire dagli anni 80, altre aziende e a svilupparsi sempre di più, fino ad espandersi in settori quali la tv, il turismo e il calcio.

Un impero enorme quello di Tanzi, le cui basi iniziano a scricchiolare per poi crollare definitivamente nel 2003. È questo l’anno in cui scoppia definitivamente il caso Parmalat, il momento in cui si scoperchia la clamorosa frode che porta alla condanna di Calisto Tanzi a 17 anni di carcere.

Un buco contabile di quasi 4.000 milioni di euro e una truffa che coinvolge risparmiatori, politici, funzionari pubblici. Come è potuto succedere? Ce lo racconta Pablo Trincia, il podcaster più celebre d’Italia e amatissimo dagli utenti Audible per i suoi precedenti podcast, Buio e Le guerre di Anna, nel suo nuovo podcast in 6 episodi, Crac!. Dagli inizi nei primi anni 60 fino al crollo, quarant’anni dopo, del castello di carta costruito da Tanzi, passando per le incursioni nel mondo dei media e del calcio, questa è la storia di un “crac” che ha segnato l’Italia.

Crac! La storia del caso Parmalat

Ci siamo fatti raccontare da Pablo qualcosa di più sul podcast.

Quella di Parmalat è la più grande frode mai perpetrata da un'azienda europea. Una storia non da poco insomma; come mai hai scelto di raccontarla e perché adesso?

In realtà, raccontare il caso Parmalat è sempre stato un desiderio di Audible, e io ho sempre saputo che Francesco Bono (Audible Director, Content Program ES&IT, ndr) fosse molto appassionato di questa storia, me ne aveva parlato in più di un’occasione. Non è una storia che io personalmente avrei scelto, perché non rientra nella tipologia di vicende che cerco normalmente, ma proprio per questo mi sono detto: è una sfida, potrebbe essere interessante perché è un mondo che non conosci, buttati e vedi cosa riesci a fare!

C'era una volta a collecchio

Qual è la modalità che tu e David Chierchini, coautore del podcast, avete scelto per narrare i fatti?

La modalità che abbiamo scelto è stata quella di definire una narrazione di base, e non semplicemente fare un resoconto di quello che era successo. La narrazione si realizza nel momento in cui tu prendi tutti gli elementi accessori della storia, per esempio in questo caso il calcio, o il turismo, e tutti i personaggi che entrano nel racconto, e li racconti bene. Per esempio, nel podcast abbiamo raccontato a lungo Buffon, il Parma, la tv, con l’esperimento di Odeon Tv di Calisto Tanzi. Insomma, la narrazione la realizzi se la scrivi come se fosse un film, e in Crac! il film è quello di un uomo che con il suo grande sogno, la sua grande ambizione, decide di buttarsi “all in” nella realizzazione di un progetto megalomane, che poi alla fine crollerà.

Chiesa e potere

Le “strette relazioni” che si instaurano tra uomini d’affari, funzionari pubblici e politici sono ancora presenti nell’odierno panorama aziendale italiano? Quanto è diversa l’Italia di oggi da quella dei primi anni 2000?

Io credo che queste dinamiche ci siano sempre state nel corso della storia; io sono un appassionato di storia, e ovunque leggi del rapporto tra l’economia e la politica, tra i mercanti e i signori feudatari, tra la classe dei commercianti e tutte le classi politiche che si sono susseguite nel corso della storia e in diverse regioni geografiche. Il rapporto tra imprenditoria e politica, tra uomini d’affari e funzionari pubblici è onnipresente ed è qualcosa che non cambierà mai. Il potere cerca sempre il potere, e quindi il potere politico cerca costantemente il potere economico. È proprio una dinamica insita nella natura umana.

Alla conquista del mondo

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In questi giorni si stanno giocando i Mondiali di calcio in Qatar. Che ruolo ha avuto il calcio in tutta questa storia?

Il calcio ha avuto un grandissimo ruolo, perché il calcio è quello che ti rende popolare, che ti fa sembrare ricco agli occhi degli altri, che può determinare il tuo successo come imprenditore, giocare a favore dell’immagine di chi ci investe. Non a livello economico certo, perché c’è dietro un costo mostruoso ed è un sistema che nasconde mille buchi dal punto di vista del fare utili; nel caso di Calisto Tanzi il calcio è stato sicuramente determinante, perché l’ha aiutato a posizionarsi anche in un mercato più pop, dove non era semplicemente il patron della Parmalat ma anche il patron del Parma calcio.

E se da un lato il successo di un’azienda non è così tangibile agli occhi del pubblico, il successo di una squadra di calcio è invece qualcosa che si vede e si tocca, che ti fa sembrare un vincente e soprattutto non fa pensare al fatto che tu possa avere dei debiti.

Il calcio ha avuto assolutamente un ruolo determinante sia nella costruzione dell’immagine di Tanzi, sia allo stesso tempo nel suo affossamento, essendosi poi rivelato un altro buco nero.

Money, money, money

È stato difficile mettere insieme tutte le informazioni sul caso e convincere alcune tra le persone colpite dal “crac” a partecipare al progetto?

Sì, è stato molto difficile convincere le persone a partecipare alle interviste per il podcast; ovviamente, molti dei protagonisti che abbiamo contattato, inclusa la famiglia Tanzi, non volevano parlare e non avevano nessun interesse a farlo.

Ci siamo quindi dovuti concentrare su tutta una serie di personaggi “laterali”, che però poi laterali rispetto alla storia non sono mai: la segretaria, la signora che faceva la benzinaia, l’autista, le persone del paese che conoscevano la famiglia, i personaggi del mondo del calcio, i dipendenti di Parmatour, le persone truffate. Riguardo a queste ultime, ne abbiamo trovate poche disposte a parlare, perché molte di loro non hanno avuto voglia di tornare su una cosa vecchia, che magari hanno appena finito di metabolizzare e accettare. È stato molto difficile dal punto di vista delle vittime della truffa reperire testimonianze.

L'inizio del countdown

Parliamo del protagonista di questa frode aziendale così sfacciata. Che idea ti sei fatto di Calisto Tanzi? Che cosa lo ha portato fino a quell’enorme buco contabile?

Calisto Tanzi non mi ha dato l’idea di essere un personaggio cattivo, non è il cattivo della storia. È un individuo che, forse in maniera molto naif, ha inseguito un sogno, sempre più grande, ed è stato anche a sua volta usato. Non lo dico per giustificarlo - Calisto Tanzi è stato protagonista di una truffa gigantesca che ha fatto malissimo a tante persone - ma per far capire che si tratta di un uomo che è stato usato anche dalle banche e dai politici, e che a un certo punto si è ritrovato vittima del suo stesso castello di bugie, perché come dice una delle persone intervistate nella serie, non poteva fermarsi: se si fosse fermato, sarebbe crollato tutto.

Tanzi è una persona che ha mischiato ingenuità, megalomania, spregiudicatezza - perché per fare certe cose bisogna essere proprio spregiudicati - e anche un po’ di "ruthlessness", come la chiamano in inglese, di assenza di scrupoli nel fare business.
Nonostante tutto però, non riesco a vedere in Tanzi una persona cattiva, che ha fatto quello che ha fatto con l’idea di fare del male a qualcuno; lo fa perché ci si ritrova, anche se poi ovviamente quando gli si pone davanti una scelta sceglie di continuare a farlo, sceglie di cercare di salvare se stesso e la sua azienda e di riversare sugli altri i suoi errori.

Un impero in macerie

I podcast d’inchiesta sono sempre più popolari. Credi che si tratti di un formato utile ad avvicinare sempre più persone, soprattutto i giovani, all’approfondimento di fatti chiave della nostra storia?

Si, anche se io credo che ad essere sempre più popolari ed utili siano i podcast di narrazione più che d’inchiesta. Alla fine, quando racconti tu puoi decidere di fare un'inchiesta, ed è assolutamente un plus perché il fatto che tu stia indagando su qualcosa da forza alla storia, ma non è un’operazione semplice; bisogna trovare i contenuti giusti ed avere la possibilità di scoprire delle cose nuove, non lo puoi fare su tutte le storie.

Credo che, qualsiasi cosa si scelga di raccontare, alle base ci debba essere una forte narrazione. I podcast sono un formato di narrazione, sono il racconto di una storia, di un personaggio, di una vicenda, e quindi vanno scritti e raccontati con un’idea di narrazione, che può o meno avere dentro un’inchiesta.

Io ho fatto podcast sia con che senza un’inchiesta e alla fine quello che fa davvero la differenza è come racconti la storia, come la scrivi, che protagonisti trovi e come sono le testimonianze che raccogli. Il racconto è sempre e comunque alla base di tutto, che tu voglia fare un’inchiesta oppure no.

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