Uscita a giugno 2021, la serie Nero come il sangue, di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi, ha conquistato fin da subito il pubblico di Audible, collezionando ascolti e recensioni positive. Merito di un tema, il true crime, particolarmente amato dai cultori dei podcast, ma soprattutto dell’alchimia tra due personaggi simbolo del racconto del crimine: il giallista e sceneggiatore Carlo Lucarelli e lo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi. Due personalità, approcci e modi di narrare i delitti diversi e complementari, che si fondono alla perfezione per dare vita a un viaggio incredibile nelle menti criminali di oggi e di ieri.

Nero come l’anima è la continuazione di questo viaggio noir, che stavolta ci porta indietro nel tempo per raccontarci una scena del crimine lunga tre secoli, dal 1500 al 1700, sulla quale si alternano personaggi inquietanti quanto diabolici, cortigiani, pittori, letterati e personalità sempre e comunque disturbate.

Nero come l'anima

In occasione del Salone del Libro 2022, Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi hanno incontrato il pubblico per parlare di questa nuova esplorazione della storia moderna dell’omicidio, e hanno risposto anche alle domande del blog.

Facciamo un passo indietro fino a Nero come il sangue, uno dei podcast piu amati e meglio ricevuti nella storia di Audible. Durante la vostra presentazione al Salone del Libro avete parlato di come mai le persone amino così tanto il true crime, ma cosa rende un podcast di true crime così appassionante? Qual è la vostra ricetta del successo?

(Carlo): Credo che, senza voler sembrare presuntuoso, il segreto stia in una combinazione di due nomi: Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi. Dico questo perché noi due riusciamo a combinare insieme due cose: lato mio, il compito di raccontare le storie in modo accattivante e anche strano; lato di massimo beh, stiamo parlando dell’esimio professor Picozzi, nessuno meglio di lui conosce questi casi e il mondo della criminologia! Questa combinazione di competenze ci aiuta a raccontare storie vere in un modo appassionante, puntuale e preciso.

(Massimo): Io rubo una battuta a Carlo, che dice sempre che quelle che scegliamo “sono storie belle da raccontare”. Sembra strano definire così vicende criminali, ma questa definizione condensa tutto, perché la prima cosa che noi facciamo è scegliere delle storie “belle”, cioè che abbiano curiosità, dei particolari coinvolgenti e intriganti. E, naturalmente, parteggiamo per la descrizione psicologica dei personaggi, culturale e ambientale, mentre non indugiamo né in particolari raccapriccianti né in dettagli tecnici. E poi, sono 20 anni che collaboriamo! Dopo 20 anni di lavoro insieme, Picozzi è diventato un po’ Lucarelli e Lucarelli è diventato un po’ Picozzi. Quindi quando ci passiamo la palla la circolazione gira perfettamente!

Si vede anche nell’alchimia che create quando parlate insieme, sembra si tratti di un unico discorso che vi rimbalzate. Riprendendo uno degli argomenti della vostra presentazione al Salone, si parlava del perché la cronaca nera è così interessante tanto da diventare per alcune persone quasi un’ossessione. Cosa c'è in un caso di cronaca nera che lo rende così appetibile?

(Carlo): La cronaca nera è così interessante perché, sembra una sciocchezza detto così, ma racconta un pezzo della nostra vita, quotidianità, realtà, anche se non la viviamo noi direttamente. È un pezzo della nostra vita che ci fa paura, e quindi che vogliamo e dobbiamo conoscere. Poi c’è il fatto che la cronaca nera si presta ad essere raccontata più di altre storie, come un giallo, nel quale si racconta qualcosa di misterioso senza dire tutto subito; una ricetta che funziona sempre, come quando apriamo il giornale, leggiamo di un omicidio, non sappiamo chi è stato e ci sono una serie di cose che ci incuriosiscono. Poi le cose si possono fare bene o male; si può raccontare la cronaca nera in modo da rendere ossessionati, quasi dipendenti, i nostri interlocutori, e questo naturalmente è sbagliato. Quando qualcuno mi dice che è ossessionato dalla cronaca nera penso che c’è un problema sul quale riflettere.

(Massimo): In realtà non credo che la cronaca nera interessi più di un tempo. Agli inizi del secolo scorso, così come poi nel dopoguerra, c'erano infatti molte riviste e settimanali dedicati esclusivamente ai processi, e ricordo le copertine della Domenica del Corriere piene di grandi casi di cronaca… quello che probabilmente fa la differenza è la diffusione mediatica dei fatti, tutte le emittenti tv che dalla mattina alla sera ti ripropongono lo stesso contenuto, sono veramente poche le trasmissioni che ti danno qualche cosa di leggermente diverso.
La ripetizione funziona molto bene perché siamo attratti da quelle cose, dalla paura e dal pericolo, ma abbiamo anche la convinzione che tanto a noi quelle cose lì non capiteranno mai.

Avete parlato di casi contemporanei in Nero come il sangue, mentre in Nero come l’anima fate un passo indietro; nella metodologia di lavoro, per la ricerca delle informazioni e delle fonti, cosa cambia?

(Carlo): Quando ti occupi di casi contemporanei hai tutta una serie di materiali che esistono e che è più facile trovare. Referti delle autopsie, ragionamenti criminologici e carte che ci sono oggi, ma che logicamente non erano disponibili quando non esisteva la polizia scientifica o quando si pensava al crimine in un modo diverso. Allora la metodologia diventa più di ricerca storica, anche se comunque applicata a un evento criminale e a capire cosa significhi quella storia criminale. Direi che è un pochino più difficile, bisogna darsi più da fare.

(Massimo): Teniamo conto che sono 20 anni che lavoriamo su casi, fonti… per esempio, stavo pensando a uno dei casi che, se tutto andrà bene, tratteremo in una delle prossime serie: il caso di locusta l’avvelenatrice, una assassina in serie, della quale abbiamo già parlato nel nostro primo libro, Serial killer. Per cui man mano che abbiamo costruito questa nostra letteratura personale fatta di 7, 8 volumi, abbiamo messo in un angolo del cervello tutte le fonti utilizzate. Da una fonte si rimbalza poi all’altra, oltretutto adesso c'è anche la possibilità di consultare le fonti universitarie online per cui si riescono a recuperare dati del tutto attendibili.

Ultima domanda: c’è un caso che avete dovuto per forza di cose escludere dai vostri podcast che però vi sarebbe piaciuto trattare, o uno che ancora dovete affrontare e che vi appassiona particolarmente?

(Carlo): Ne abbiamo esclusi tanti, scegliendo di includere solo quelli che erano belli da raccontare; sembra una cosa brutta da dire, ma noi utilizziamo questo aggettivo in senso narrativo e didattico. Le nostre finaliste sono delle storie che sono belle da raccontare e da ascoltare e contemporaneamente ti spiegano un sacco di cose. Non saprei citare un caso concreto di cui avrei voluto parlare e non ne ho avuto l’opportunità.

(Massimo): Sì perché non abbiamo dovuto escludere nulla, ma abbiamo invece voluto, per ragioni anche pratiche, lasciare da parte qualcosa, ma non c’è un caso di cui avremmo voluto parlare ma non abbiamo potuto per un problema di censura o di delicatezza.
Abbiamo comunque scelto di parlare solo di cose già chiuse, le più recenti risalgono a 20 anni fa, con tutti i gradi di giudizio già chiusi per non rischiare di dire cose inesatte o non sancite da un’autorità. Certamente, ogni volta che facciamo una serie ( e ne arriveranno altre 2!), partiamo sempre da un numero di casi importanti, poi man mano li riduciamo per arrivare alla fine alla ventina di casi che compongono il nostro prodotto Audible.

Questa intervista ti ha fatto venire un’irrefrenabile voglia di tirare fuori il criminologo che è in te? Corri ad ascoltare Nero come il sangue e Nero come l’anima, ma attenzione, peché le storie creano dipendenza!