Negli ultimi anni è diventato un volto noto per moltissimi di noi grazie alla sua partecipazione a Propaganda Live, il programma di Diego Bianchi in onda su La 7 ogni venerdì, dove recita i monologhi del suo personaggio più conosciuto, il Pojana. Prima di approdare in tv, il padovano Andrea Pennacchi era già noto al pubblico teatrale come attore e drammaturgo, ma è nel 2018 quando diventa “virale” grazie a un video sul tema del razzismo, che segna anche la nascita del suo Pojana, divenuto così popolare da dare origine a un libro che racconta la sua storia e quella dei suoi fratelli. Abbiamo incontrato Andrea Pennacchi in occasione dell’uscita dell'audiolibro di Pojana e i suoi fratelli su Audible.

Pojana e i suoi fratelli

Andrea, per Audible tu non sei una nuova voce o un nuovo volto, perché hai già letto dei titoli: romanzi storici, un adattamento di Agatha Christie… questa volta però torni leggendo qualcosa di tuo. Raccontaci un po' com'è, rispetto a prestare la voce ad un altro autore, l’esperienza di leggere qualcosa che hai scritto tu?

Beh diciamo che è abbastanza facile, per un motivo molto semplice: tutte le cose che ho scritto finora nascono, almeno per ispirazione, da spettacoli teatrali, quindi sono tutte già imbastite sulla scena, hanno già incontrato un pubblico; anche quando ho scritto solo la parte per il libro, immaginavo comunque già le voci dei personaggi, perché ho sempre in mente un teatro e un pubblico. È stato però diverso: è roba tua, quindi ti chiedi costantemente cosa e come lo stai facendo. Mentre nelle cose di altri mi sciolgo nel lavoro, qui c’è anche l’autore in un angolino che dice: come starà venendo?

A proposito di questo, ti chiedo il contrario: com'è stato lavorare con altre voci? Perché questo audiolibro non è narrato solo da te, ci sono anche Natalino Balasso, Jolanda Granato, Angelo Zampieri e Mattia Bressan.

Natalino mi ha fatto il gran regalo di farmi il prologo, che è un pezzo narrato e a sé stante come spesso capita quando Natalino scrive qualcosa, semplicemente fa se stesso ed esprime un giudizio molto lusinghiero dell’opera (della quale per altro lui è complice, perché senza Natalino sicuramente non sarebbe nato il Pojana); gli altri che mi hanno dato una mano con questo testo sono tutti attori, uno lo conoscevo già mentre gli altri no, me li ha presentati GoodMood e poi Audible e ho trovato che fossero perfetti per la parte. E in effetti mi sembra proprio che funzionino bene, anche se poi naturalmente sarà la gente che ascolta a giudicare!

Quindi quella vocina interna che diceva “ma come starà venendo” in realtà è contenta?

Quella vocina, con tutti i suoi dubbi, riguarda solo me; sentendo gli altri interpreti diceva solo va`che bravi!

A proposito di Pojana, protagonista del libro, lui è un tuo personaggio che esiste in televisione, sulla pagina scritta e anche a teatro. Da dove è nata l’ispirazione per questo signore veneto un po’ incattivito, che passa dall’essere il bonaccione operoso alla persona arrabbiata?

Pojana è una maschera, e come tale ha radici profonde; per farla breve, è venuto ad abitare a casa mia quando stavo facendo un adattamento di un testo di Shakespeare, Le allegri comari di Windsor; lo stavo traducendo in veneto - perché io faccio queste cose qui, pur amando Shakespeare gli faccio spesso del male - e c’era un personaggio che parlava proprio come Pojana, Franco Ford. A un certo punto, un vero monologo shakesperiano di questo Franco Ford mi prese un po’ la mano e diventò una roba sempre in quello stile lì però un po’ diversa. E così nacque Pojana, che però non sapeva ancora di chiamarsi così; lo scoprì quando diventò virale per via di un video contro il razzismo che aveva un bellissimo titolo sociologico ma che però tutti conoscono come “Ciao terroni”; il testo in questo caso non era mio ma di Marco Giacosa, un piemontese molto bravo, e il video era diretto da un giovane regista veneto, Francesco Imperato. Il personaggio di Franco Ford mi sembrava quello più adatto a prestare la voce a questo monologo, e infatti l’ha servito bene.
Da lì è arrivato alla televisione con Propaganda Live, ed è stato poco prima di salire sul palco del programma con un monologo scritto da me che ho pensato: non si può chiamare Franco Ford, deve avere un soprannome da bar. E per tantissimi motivi mi è venuto subito in mente Pojana. In pratica è stato lui stesso che mi ha detto: mi chiamo Pojana.

E quindi queste varie facce di Pojana, nel libro, in tv… come le vivi? Sono modi diversi di raccontare uno stesso personaggio?

Assolutamente sì; a teatro Pojana ha più tempo per dire le cose, c'è anche tutto uno spazio per la poesia in un certo senso, in tv invece si tratta quasi più di slogan. Però è sempre lui, che a volte si risparmia delle cose e a volte invece le dice chiaramente.

Una curiosità: mi sembra che tu sia stato prolifico a livello di scrittura negli ultimi anni, perché Pojana ha poi dato il via anche ad altre uscite editoriali indipendenti. Scrivere era qualcosa che volevi fare da tanto e quindi una volta dato il via ti è venuto più facile, oppure si tratta di cose che avevi scritto tanto tempo fa?

Come ti dicevo, si tratta sempre di cose che avevo più o meno pensato per il teatro, poi qualcuna è andata molto in scena, qualcun’altra invece non è mai salita sul palco, però quantomeno in bozza erano già presenti. Soprattutto quando mi hanno chiesto un secondo libro, visto che Pojana e i suoi fratelli era andato bene, il materiale che mi è subito venuto in mente era quello sulla guerra. Io ho una tradizione familiare “bellica” - nostro malgrado perché siamo gente molto pacifica! - perché abbiamo vissuto le due guerre mondiali ed io ero militare quando sono successe tutta una serie di cose, che a quei tempi non si chiamavano più guerra ma “missione di pace”; allora ho raccolto queste memorie personali, soprattutto i silenzi di mio nonno e di mio padre, e li ho trasformati attraverso la ricerca in racconti. Così è nato La guerra dei Bepi.
La cosa curiosa è che io prima di mettermi a scrivere avevo fatto uno spettacolo su l’Iliade, e il protagonista era un soldato semplice che vedeva gli eroi che si combattevano; mettendo tutto in fila in un libro, è diventata l’epopea di un unico soldato che non muore mai, questo Bepi, un soldato semplice universale che parte con dei grandi entusiasmi però poi la guerra li delude sempre, facendogli passare delle esperienze terrificanti; Bepi diventa quindi sempre più cinico, sempre più amaro, però continua a resistere perché ha una forza immensa, quella delle persone comuni.

Come narratore, se dovessi tornare in futuro alla narrazione di testi non tuoi, c’è un libro, un personaggio, qualcosa che ti ha affascinato talmente tanto da pensare di volergli dare voce?

Ghe n’è na pacca! Una roba che vorrei tanto fare, anche non scritta da me ma che mi piacerebbe raccontare, è Sanguina ancora di Paolo Nori; mi piacerebbe molto anche dare voce a un racconto sulla vita di William Shakespeare, magari anche inventato completamente.

Se questa intervista ti ha incuriosito, ascolta tutti gli audiolibri narrati da Andrea Pennacchi su Audible.